Dopo Solone, nel 593 a. C., iniziarono le lotte di partiti. I dissidi e i contrasti sociali e politici tornarono a divampare. Tutti oramai potevano andare al governo della città, purché avessero una certa ricchezza, e quindi il tempo e l’istruzione necessari per dedicarsi alla vita pubblica. I commercianti, gli artigiani e gli industriali, democratici abitanti della costa, difendevano le leggi soloniane. Queste leggi permettevano loro di esercitare per la prima volta influenza sulla direzione della polis, contro i proprietari terrieri della pianura di origine aristocratica e contro i contadini dei monti.
Ci furono ancora malcontenti e lotte, anche molto aspre. I piccoli proprietari, ma specialmente i marinai e gli operai (i teti), protestavano e si agitavano perché credevano di essere stati trattati ingiustamente. Si formarono perciò vari partiti e si giunse a combattere nelle città; i disordini erano continui e la gente ne fu presto stanca.
Ecco allora che Pisistrato, membro dell’aristocrazia e imparentato con Solone, ottenne il riconoscimento come capo dell’intera città. Egli fu una specie di magistrato supremo che aveva il compito di sorvegliare su tutti gli altri. Pisistrato governò quindi Atene; egli non abolì né mutò le istituzioni e le leggi. Non abolì cioè i magistrati, ma fece eleggere alle cariche pubbliche amici suoi e non permise che facessero nulla, senza il suo consenso.
Fu, in poche parole, un tiranno, un unico capo della repubblica, ma di una repubblica nella quale la libertà d’azione dei magistrati non c’era più e neppure la libertà dei singoli cittadini e delle loro assemblee.
Le assemblee non contavano più nulla.
Pisistrato fu un grande amministratore in patria e un condottiero di valore nelle campagne estere. Durante la sua tirannide (545 – 527 a. C.) Pisistrato assicurò ad Atene una lunga tranquillità; la costruzione di strade e di edifici pubblici, l’istituzione di giudici itineranti e quella di un’imposta di proprietà per aiutare i coltivatori della terra che si trovavano di nuovo attanagliati dai debiti rappresentano i capisaldi della sua politica interna, una politica estremamente chiara e lineare; nella città si costruirono splendidi monumenti e la flotta ebbe un grande sviluppo. La ricchezza del paese crebbe considerevolmente, al punto che Pisistrato poté decretare un’imposta del 10% sul reddito senza incontrare opposizione. Egli accolse alla propria corte rapsodi, poeti e artisti. Morì nel 528.
Gli successero i figli Ippia e Ipparco. Questi, riconosciuti come capi della città divennero tiranni, ma nel senso più moderno della parola. Essi non ebbero la moderazione e l’abilità del padre e non potevano essere controllati dai cittadini che avevano perso ogni libertà. Così essi vennero in odio agli ateniesi: Ipparco fu ucciso e Ippia fuggì. Cacciato dal popolo Ippia si rifugiò in Persia, alla corte del re Dario, dove si diede ad ordire trame vergognose contro la patria.
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