La vita del cittadino a Sparta era sempre al servizio dello Stato. Il cittadino non godeva di alcuna libertà di vivere secondo il proprio talento e le proprie inclinazioni naturali. Il diritto alla vita l’avevano solo coloro che nascevano perfetti e con un corpo robusto. I bambini nati senza i requisiti richiesti e che quindi non potevano diventare un giorno dei buoni soldati, venivano sottratti alle famiglie e poi gettati in un burrone del monte Taigeto.
Ma a Sparta i cittadini non erano neppure padroni di poter educare i propri figli. Il destino dei bambini sani e robusti era diverso da quello dei gracili. Essi, sottratti alle famiglie all’età di 6 anni , erano ospitati in un collegio militare fino all’età di 30 anni. Nel collegio ricevevano un’educazione militare. Durante la permanenza nel collegio i bambini si addestravano agli esercizi fisici, all’uso delle armi e ad una rigida disciplina. Qui si impartiva loro anche una moderata istruzione nel campo delle lettere e delle scienze che, a quei tempi, erano però ritenute superflue.
Per uno spartano dovevano bastare forza fisica e fortezza d’animo, spirito d’obbedienza e poche parole.
Dopo i 30 anni lo spartano poteva sposarsi e formare una sua famiglia; ma fino all’età di 60 anni egli era ancora legato al servizio militare. Non gli era consentito neppure mangiare con i propri familiari, a casa. Egli d’obbligato doveva recarsi alla mensa pubblica dove riceveva il brodetto nero, ovvero una razione di cibo semplice e misurata.
Certamente degne di lode negli Spartani furono la loro disciplina e la loro obbedienza agli ordini e alle leggi dello Stato. Essi avevano il solo compito e l’ambizione di preparare e di fare la guerra, rinunciando alla propria libertà.
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