La civiltà micenea, le monarchie patriarcali e organizzazione delle polis
Intono al 2000 a. C. alcune popolazioni indoeuropee occuparono l’Europa; di esse piccoli gruppi scesero nella penisola greca e si stanziarono nelle diverse vallate. Non avevano un nome comune; non erano un popolo solo, tutto unito. Soltanto molto tempo dopo la loro venuta queste varie popolazioni ebbero un nome comune che fu quello di Elleni, o, come dicevano i latini, di Greci; donde il nome di Ellade, o, alla latina, di Grecia, per la terra da loro occupata.
In questa alba della loro storia, i popoli greci erano assai progrediti, per quanto già conoscessero l’uso dei metalli.
Assai più progredita era invece la civiltà che avevano raggiunto i Cretesi. Questi, da Creta, avevano spinto i loro commerci sulle isole dell’Egeo e sulla fascia costiera della Grecia.
Così le popolazioni greche furono a contatto con la splendida civiltà cretese e ne subirono l’influsso, pur senza perdere le loro fondamentali caratteristiche. Dai Cretesi i Greci appresero molti elementi di civiltà; impararono l’arte di fabbricare vasi bellissimi e di costruire vere e proprie città, con palazzi grandiosi per abitazione del re.
Ma i maggiori progressi sotto l’influsso cretese, furono raggiunti nella penisola del Peloponneso, nella regione detta Argolide.
Nel Peloponneso sorsero appunto le città più splendide di questi periodi: Tirinto e Micene. I resti di queste città (mura, avanzi di palazzi, e tombe sontuosissime, all’interno delle quali furono trovati vasi ed oggetti d’oro finemente lavorati) testimoniano la magnificenza di questa civiltà detta appunto micenea. A differenza delle città di Creta, che erano aperte, le città greche furono circondate da grandi mura che noi chiamiamo ciclopiche, perché fatte di enormi blocchi di pietra sovrapposti: tanto enormi, da far pensare che solo i ciclopi (cioè dei giganti) abbiano potuto sollevarli così in alto (le mura di Tirinto erano alte 20 m ed avevano uno spessore di 8).
La parte più alta e più fortificata della città costituiva la cosiddetta acropoli. Qui vi erano il palazzo del re, il tempio e gli altri grandiosi edifici pubblici primo fra tutti il Pritanéo, il luogo ove veniva custodito il fuoco sacro della città.
I Greci non erano un popolo politicamente unito e autonomo, sia per le difficoltà dovute alle divisioni fra le stirpi greche sia per la natura geografica del territorio. Essi non avevano un solo Stato, ma ogni città era una Polis o città-Stato, del tutto indipendente, con propri ordinamenti e leggi e con propri capi. Ogni piccolo Stato era costituito dalla città fortificata e dai villaggi circostanti, con il loro territorio.
Il re
Il re della città era capo in guerra e in pace; giudicava le liti come un buon padre di famiglia, basandosi sulle consuetudini e sulle tradizioni sacre del luogo: egli era infatti anche il gran sacerdote.
Nell’amministrazione della giustizia e nel governo della città il re era assistito dai nobili, ossia dai capi delle famiglie più ricche.
Il popolo
Il popolo, costituito dagli artigiani e dai contadini, non aveva alcun potere decisionale. Esso era convocato in assemblea semplicemente per conoscere quello che il re ed i nobili avevano deciso, non a decidere esso stesso, per esempio se fare un’alleanza o una certa guerra o nuove leggi.
In questo periodo, presso i greci, la vita, anche dei capi e del re stesso, era molto semplice, nonostante la grandiosità dei palazzi regi. Si viveva soprattutto dell’agricoltura, di cui si occupavano anche i re e i principi, accanto ai loro servi, trattati in modo assai umano.
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