“Moby Nick”: La voce che non vuole più nascondersi
La filastrocca “Moby Nick” di Vitalba Santoro è un testo che affronta il tema del bullismo e del giudizio in modo originale e profondo. Attraverso una metafora delicata e allo stesso tempo potente, l’autrice dà voce a chi si sente costretto a nascondersi, ma che alla fine trova la forza di vivere in superficie, a testa alta.
Spiegazione e Analisi del Testo
La prima parte della filastrocca introduce la metafora della balena. La balena è un animale maestoso, che “può celarsi sul fondale” perché “è naturale”. Questa immagine evoca un senso di forza e di libertà. La balena è padrona del suo mondo, un mondo sottomarino dove non teme “catene”. Ma il protagonista, come ci rivela l’autore, è diverso.
Il punto di svolta arriva con la frase “Per me è diverso”. Qui il testo si apre a un’introspezione dolorosa. Il protagonista confessa di sentirsi intrappolato nel proprio corpo, in “prigioni della pelle”. La metafora del “fondale” si trasforma in quella di una “prigione”, una condizione di sofferenza causata dal giudizio degli altri. La “condanna” della gente e il loro “cinismo” sono un peso che spinge il protagonista a desiderare persino l’indifferenza.
La parte finale della filastrocca è una ribellione e una dichiarazione di forza. La voce del protagonista diventa un grido: “Allora non guardate, tanto meno giudicate, peggio ancora sghignazzate”. È una richiesta diretta, quasi un ordine, di smettere di infliggere dolore. La frase “non m’importa che pensate” è una potente affermazione di autostima e di indipendenza emotiva.
Il testo si chiude con una nota di speranza. La forza interiore del protagonista gli permette di “non lasciarsi incatenare”. Il “fondale” non è più il suo posto, ma la “superficie”. Il movimento (“camminare, pedalare, correre e saltare”) diventa un simbolo di libertà e di vita. Il protagonista è pronto a vivere in un mondo che lo vede, ma che non lo giudica.
Commento e Considerazioni
“Moby Nick” è una filastrocca che affronta un tema difficile con delicatezza e senza retorica. L’autrice, con la metafora della balena, dà al bullismo una dimensione quasi mitologica, ma allo stesso tempo molto reale. Il testo è un inno alla resilienza e alla forza interiore. Insegna ai bambini, e ricorda agli adulti, che il valore di una persona non è definito dal giudizio degli altri, ma dalla capacità di accettarsi e di vivere la propria vita con coraggio e dignità.
La filastrocca non è solo un grido di dolore, ma un invito a non giudicare e a rispettare le differenze. Ci ricorda che il nostro posto è in “superficie”, dove possiamo essere pienamente noi stessi. Il finale, pieno di movimento e di vita, è un messaggio di speranza: è sempre possibile trovare la forza di riemergere dal “fondale” delle paure e dei giudizi.
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